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Bisi Antichità. Antico originale certificato dal 1850. Consegne in tutta Europa.

Product Image Vergine con Bambino, angeli e Santi (scuola di Cuzco, prima metà del XVIII secolo).

Vergine con Bambino, angeli e Santi (scuola di Cuzco, prima metà del XVIII secolo).

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Il dipinto che presentiamo costituisce sia per le intrinseche caratteristiche di tecnica pittorica soprattutto incentrata su un’intenzionale compressione delle dimensioni e dell’effetto prospettico sia per una diffusa sovrabbondanza dell’elemento floreale,  un’eloquente  testimonianza del fenomeno pittorico appartenente al bacino culturale andino e meglio noto come “scuola di Cuzco”, la più importante scuola di pittura in America, che prende il nome dall’omonima città peruviana.

La sua importanza è anzitutto storica, in quanto la scuola di Cuzco sorge per rispondere alle esigenze dottrinali, ma anche di inculturazione, dei missionari alla conquista del nuovo mondo, che scelgono di veicolare l’opera di evangelizzazione al canale privilegiato dell’arte figurativa pittorica.

Fu così che, lo slancio colonizzatore unito ad un ostentato proselitismo, ben presto impose la necessità, generata dalla grande richiesta di opere d’arte, di formare alcuni artisti locali, opere essenzialmente Ispirate ai modelli del manierismo italiano e del barocco. Non a caso, agli esordi, si trattò di opere eseguite da alcuni maestri italiani come il gesuita Bernardo Bitti, cui seguirono Matteo Perez de Alessio e Angelino Medoro.

Ma fu Diego Quispe Tito (1611-1681) la personalità più eminente della scuola di Cuzco, che s’ispirò soprattutto a modelli fiamminghi, di cui fu tributario nella scelta d’inserire il paesaggio nella pittura peruviana collocando le proprie sacre rappresentazioni nella cornice esotica caratterizzata da una vegetazione tropicale, immaginifica, il tutto pervaso dall’intenzionale quasi parossistica ricerca della prospettiva distorta. 

Fu grazie all’opera incisiva di Diego Quispe Tito che,gradatamente, gli artisti di Cuzco riuscirono ad affrancarsi dai modelli europei abbandonando il mondo reale per inoltrarsi nella fiaba. 

Tale scuola, in pieno XVIII secolo, influenzò la pittura di tutto il territorio andino, segnalandosi per la quantità e la bizzarra qualità delle opere d’arte prodotte. Fu così che il barocco andino, meglio noto come “stile meticcio” cominciò a raffigurare Arcangeli avvolti in abiti regali e che impugnavano armi a fuoco, decorazioni preziose su tutti gli abiti, ricche collane e gioielli sulle Madonne. 

Suddetto recupero di temi ed effetti fiammingo-manieristici fu ottenuto mediante un gusto estetico tutto improntato alla sapiente ossessiva ricerca dell’arcaismo che ben si adattava alla mentalità indigena. Finalità precipua dei missionari era infatti quella di confrontare e contrapporre le divinità locali a Cristo, Maria ed ai Santi cattolici allo scopo di giungere ad un’intuitiva reciproca identificazione, così determinando il consolidarsi di una simbologia ambivalente nelle opere d’arte del mondo andino. 

In questo modo, allo stesso tempo, si assicurò il mantenimento e la trasmissione dei primitivi ed ancestrali riti autoctoni stimolando la creazione di una precisa iconografia sacra locale. 

Un’ autorevole testimonianza sul piano della storia religiosa è a riguardo offerta proprio dalla nostra tela, accostabile sotto molteplici aspetti al modello andino della Virgen de Pomata, corrispettivo andino del prototipo europeo della Madonna della Montagna meglio ed altresì nota come Madonna del Carmelo. 

El Cerro del Potosì, celeberrimo archetipo della Grande Madre in Bolivia, ben prima dell’arrivo dei Conquistadores, era venerato come la Reina, la Madre di tutti i monti. Tale culto si fuse spontaneamente con quello della Vergine che, avendo portato in sé il Salvatore, è regina di tutte le Madri. 

Ora, proprio questa forma “montana” di Maria si ritrova in altre Madonne della regione andina, prima tra tutte la menzionata Virgen de Pomata, nella quale come nel nostro dipinto, il caratteristico abito (dalmatica o piviale) oltre ad assumere di solito la forma di un monte presenta come costante una o più tipologie di fiori (nella nostra tela estese anche ad un santo, a destra della Vergine, ed agli angeli).

Particolare tenerezza desta nell’osservatore la figura del san Giovannino con l’agnus Dei posta in basso alla sinistra dell’osservatore. 

È attraverso opere come questa che la cultura indigena riuscì ad inserirsi nello schema occidentale trascinando con sé gli ideali di una cultura sommersa, ma mai tramontata come mostra la sopravvivenza di questo stile, al quale continuano a rendere omaggio molti artisti della Cuzco dei nostri giorni in un continuum temporale all’insegna dell’eterno presente.

Misure :  94 x 74 

In caso di vendita si rilascia  perizia scritta rilasciata dal Proff Maturi Giorgio 

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