Soggetto : ritratto di giovane dama, olio su tela
Autore: scuola di A. van Dyck (Anversa 1599 -Londra 1641).
Il dipinto che presentiamo costituisce un emblematico esempio di ritrattistica ascrivibile alla scuola del grande maestro fiammingo van Dyck: nella tela, infatti, al pari dei ritratti soprattutto femminili del periodo londinese del pittore anversese, emerge tutta l’originalità di uno stile, ormai affrancato dai modelli rubensiani, meno scultoreo e più ufficiale e di maniera, dalle coloriture più liriche e raffinate e, non di rado come in questo caso, dai toni più umbratili.
Siamo infatti in presenza di uno “State portrait”, genere in cui il van Dyck risulta essere tributario del Rubens (per la cui lezione ed il cui influsso nella ritrattistica del nostro pittore fu fondamentale il soggiorno a Genova, città nella quale van Dyck ne dipinse una gran quantità) oltre che del grande Tiziano, di cui subì il fascino cromatico.
Tuttavia, nella ritrattistica, genere prediletto da Van Dyck tanto da dominare sulla produzione di carattere religioso, resta immutato l’omaggio alla più genuina tradizione dei suoi predecessori: la pittura fiamminga soprattutto per l’attenzione riposta nei dettagli delle vesti dei personaggi immortalati (pizzi, bordature degli abiti), effigi ufficiali che poco o nulla hanno di introspettivo ed in cui la personalità dell’artista sceglie volontariamente di annullarsi in nome dell’ufficialità.
Ora, anche nel ritratto proposto, la funzione principale è anzitutto quella di dar voce iconograficamente all’elevato ceto sociale della giovane donna per evidenziarne la raffinatezza ed il rispetto di cui godeva.
Se i primi ritratti vandyckiani degni di nota nacquero a Genova ponendo le basi di una produzione che accompagnerà l’artista nel corso di tutto il suo viaggio in Italia, fu proprio a Londra, che il van Eyck divenne “ritrattista di corte”, richiesto e bramato dalla migliore nobiltà inglese.
Per menzionare alcune opere vandyckiane famose nel genere, basterà ricordare il ritratto di dama (Milano, Brera) , in cui è presente un contesto funebre parallelo a quello del nostro dipinto e palesato dal nero intenso della veste o ancora il ritratto della marchesa Caterina Durazzo (Genova, Palazzo Reale).
Come ha ben avuto modo di sottolineare Erik Larsen “van Dyck si rifece precisamente ai modelli rubensiani, soprattutto in relazione al loro aspetto esteriore, alla sagoma delle tele marcatamente lunghe e strette ed al modo estremamente decorativo di presentare i personaggi effigiati”.
Tuttavia, anche qui, proprio come nell’emblematico e speculare caso di Caterina Durazzo “ l’immagine dell’artista appare subordinata a quella del personaggio”, opere in cui “la sinfonia rubensiana si è tramutata in una sobria sonata” (Larsen).
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